Nel campo della medicina genetica, dove i progressi spesso aprono la strada a trattamenti rivoluzionari, è emersa una nuova tecnica genomica che promette di integrare i passi compiuti con la piattaforma di CRISPR-Cas9. Pubblicato di recente sul prestigioso giornale Nature Biotechnology, uno studio intitolato “Harnessing Eukaryotic Retroelement Proteins for Transgene Insertion into Human Safe-Harbor Loci ” svela il potenziale di PRINT, una tecnica che sfrutta i retrotransposoni per inserire i geni nel genoma umano in siti considerati sicuri.
Sostituzione o inserimento di geni
La recente approvazione del trattamento per l’anemia falciforme basato sulla piattaforma CRISPR-Cas9 sottolinea l’efficacia delle tecnologie di editing genetico nel mirare e disattivare geni specifici come terapia per le malattie ereditarie. Tuttavia, mentre CRISPR eccelle nella disattivazione genetica, fallisce nel sostituire o inserire interi geni nel genoma. Qui entra in gioco PRINT, la quale offre un approccio complementare sfruttando la capacità unica dei retrotransposoni di inserire geni in “siti sicuri” senza interrompere geni essenziali o rischiare lo sviluppo di un cancro.
Un Retrotransposone in un sito sicuro
I retrotransposoni, noti anche come retroelementi, costituiscono una parte significativa del genoma umano, rappresentandone una quota di circa il 40%. Nonostante siano spesso considerati “DNA spazzatura” (Junk DNA), alcuni retrotransposoni possiedono la notevole capacità di inserire interi geni nel genoma. PRINT sfrutta questa caratteristica, inserendo un nuovo DNA in una cellula utilizzando metodi di trasferimento simili a quelli utilizzati per CRISPR-Cas9. La piattaforma contiene la proteina R2, una comune proteina di retroelemento con molteplici componenti attivi, tra cui una nickasi e una trascrittasi inversa, più un altro RNA usato come stampo per l’inserimento del DNA transgenico.
Un vantaggio chiave di PRINT risiede nella sua capacità di mirare a una specifica area del genoma considerata un “sito sicuro.” Utilizzando la proteina R2, infatti, PRINT inserisce transgeni nel nucleolo, una regione del genoma contenente multiple copie dei geni per gli RNA ribosomali. Interrompendo una o poche di queste copie ridondanti, l’impatto sulla funzione cellulare è minimo, mitigando il rischio di effetti avversi.
Kathleen Collins, professore di biologia molecolare e cellulare presso l’Università della California, Berkeley, e responsabile del progetto, sottolinea la distinzione tra PRINT e gli approcci tradizionali di editing genetico: “Non disattiviamo una funzione genica. Non correggiamo una mutazione genica endogena. Adottiamo un approccio complementare, che consiste nell’inserire nel genoma un gene autonomamente espresso che produce una proteina attiva – per aggiungere un gene funzionale come bypass di un deficit. È una supplementazione del transgene invece di una inversione di mutazione. Per correggere le malattie da perdita di funzione che derivano da una serie di mutazioni individuali dello stesso gene, Questo è fantastico.”
Origine dagli uccelli
La scelta di un retrotransposone specifico è cruciale per il successo di PRINT. Mentre molti retrotransposoni sono stati esplorati per la terapia genica, Collins e il suo team si sono concentrati su R2, un retroelemento presente negli uccelli. Attraverso uno screening meticoloso dei genomi animali, gli scienziati hanno identificato varianti di R2 che riconoscono le regioni genomiche umane e risultano essere efficienti nell’inserire lunghe sequenze di DNA.
È interessante notare che i mammiferi non possiedono R2 nei loro genomi, ma possiedono i siti di legame necessari per l’inserimento di R2, suggerendo una divergenza evolutiva. “Dopo averne seguiti a decine, i veri vincitori provengono dagli uccelli,” ha detto Collin, riferendosi alla loro ricerca che includeva varianti di R2 dal beccafico e dal passero dalla gola bianca [Fig. 1] che mostravano un’efficienza promettente.
L’efficacia di PRINT è stata dimostrata attraverso esperimenti in cui la proteina R2 e un RNA modello sono stati trasfettati in cellule umane e questo ha portato all’inserimento di transgeni funzionali. Successivamente, questi transgeni si sono integrati nelle regioni di rDNA del genoma senza interrompere funzioni cellulari essenziali.
La scelta delle regioni di rDNA come siti di inserimento offre vantaggi aggiuntivi oltre alla stabilità genomica. Queste regioni, raggruppate all’interno del nucleolo, fungono da centri per la biogenesi dei ribosomi e la riparazione del DNA. Di conseguenza, il nucleolo è un ambiente privilegiato, poiché è un gigantesco centro di biogenesi dei ribosomi con robusti meccanismi di riparazione del DNA che minimizzano i rischi oncogeni associati all’inserimento genico.
Conclusioni e prospettive future
Nonostante i risultati promettenti, rimangono ancora molte domande riguardo alla biologia della trascrizione del rDNA e all’impatto potenziale della rottura di geni multipli di rDNA. Collins riconosce la necessità di ulteriori ricerche per ottimizzare PRINT per applicazioni cliniche, poiché, sebbene funzioni, è necessaria una comprensione più approfondita della biologia del rDNA per sfruttare appieno il potenziale di questa piattaforma.
Tuttavia, PRINT rappresenta un significativo avanzamento nella terapia genica, offrendo un metodo preciso ed efficiente per l’inserimento di geni funzionali nel genoma umano. Con ulteriori perfezionamenti e un’ulteriore comprensione, PRINT offre la promessa di trattare una vasta gamma di disturbi genetici, offrendo speranza ai pazienti in tutto il mondo.