Per decenni, gli scienziati hanno considerato quasi la metà del nostro genoma come detriti evolutivi—residui di antiche infezioni virali senza alcuno scopo apparente. Uno studio rivoluzionario pubblicato su Nature quest’anno ha capovolto questa ipotesi, rivelando che specifiche sequenze virali incorporate nel nostro DNA milioni di anni fa non sono solo funzionali, ma essenziali affinché la vita umana abbia inizio.

I ricercatori della Stanford University hanno studiato HERVK LTR5Hs, una famiglia di retrovirus endogeni che ha invaso i genomi dei nostri antenati ominoidi dopo la loro divergenza dalle scimmie del Vecchio Mondo. Utilizzando blastoidi umani—sofisticati modelli tridimensionali che replicano la struttura embrionale precoce senza preoccupazioni etiche—il team ha dimostrato che questi residui virali sono indispensabili per un corretto sviluppo embrionale.

Lo studio ha impiegato tecniche avanzate di manipolazione genetica, inclusi approcci basati su CRISPR, per silenziare o eliminare gli elementi LTR5Hs nell’intero genoma. I risultati sono stati sorprendenti: i modelli embrionali privi di attività LTR5Hs non si sviluppavano correttamente, formando masse cellulari disorganizzate invece di blastocisti strutturate. Queste strutture difettose mostravano morte cellulare diffusa e non riuscivano a stabilire i tre distinti lignaggi cellulari che danno origine all’embrione, alla placenta e al sacco vitellino.

A livello molecolare, gli elementi LTR5Hs funzionano come enhancer—sequenze di DNA che potenziano l’espressione dei geni vicini. I ricercatori hanno identificato circa 700 inserzioni LTR5Hs nel genoma umano, molte delle quali sono uniche per la nostra specie. Un’inserzione particolarmente cruciale, specifica dell’uomo, controlla ZNF729, un gene che codifica per una proteina a dita di zinco che si lega a migliaia di promotori genici in tutto il genoma, regolando processi cellulari fondamentali tra cui divisione cellulare, metabolismo e proliferazione.

Ciò che rende questa scoperta terapeuticamente rilevante è la sua duplice natura. In primo luogo, illumina aspetti specie-specifici dello sviluppo umano che non possono essere studiati in modelli animali, potenzialmente guidando approcci più mirati nella medicina riproduttiva e nelle terapie con cellule staminali. In secondo luogo, comprendere come elementi regolatori recentemente evoluti comandino macchinari cellulari antichi apre nuove strade per la regolazione genica terapeutica. Se gli enhancer derivati dai virus possono essere cooptati per funzioni essenziali, elementi regolatori sintetici potrebbero essere progettati per attivare o sopprimere geni specifici in contesti patologici.

Questa ricerca esemplifica come la storia evolutiva plasmi la biologia attuale al livello più fondamentale, ricordandoci che persino il nostro DNA “spazzatura” può contenere le chiavi sia per comprendere l’unicità umana sia per sviluppare le terapie di precisione di domani.

Paolo Rega


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